Dove si narra di come sottovalutare alcuni asset della comunicazione nelle aziende non sia foriero di buone novelle, il contrario sì.

Partiamo indietro

L’assunto storico della linguistica che afferma che le lingue naturali hanno  alcuni tratti in comune oltre al fatto di essere sistemi di comunicazione è ancora valido? Ci sono senza dubbio numerose proprietà, identificate dai linguisti come caratteristiche delle lingue umane, che sembrano avvalorare questa tesi. Tra queste ci piace oggi citare la creatività – secondo la tassonomia di Chomsky – che identifica la capacità che abbiamo di costruire e capire (e usare) moltissime frasi nella nostra lingua nativa senza conoscerne le regole grammaticali sottese; capacità che si riscontra in tutte le lingue (umane) finora incontrate.

Di fatto questa considerazione porta con sé un tema che chiunque abbia appreso a scuola una lingua seconda sa benissimo: la grammatica non è la strada per l’apprendimento della lingua; lo è per la riflessione su di essa, ma non per l’apprendimento.

Un giorno poi arriveremo a spiegarlo a chi redige i programmi ministeriali; nel frattempo, in attesa di queste magnifiche sorti e progressive, snoccioleremo qui alcune considerazioni che tengono insieme linguistica e comunicazione.

Dentro le aziende

Un ambito, decisamente sotto gli occhi di ciascuno di noi, in cui la conoscenza (e l’utilizzo delle strutture – in questo caso della comunicazione) non implica e non porta con sé il risultato nei termini sperati è l’ambito della comunicazione aziendale interna.

Se tanto i comunicatori si impegnano con profitto per offrire i loro servigi alle aziende perché efficacemente parlino al di fuori, con mezzi, strategie, e fuochi d’artificio, non altrettanto fruttuosa è la percezione dell’utilità di offrire percorsi di comunicazione interna.

C’è infatti l’infondata certezza che comunicare sia naturale, come apprendere la propria lingua. E certamente lo è, se non si bada al risultato della comunicazione stessa, ma solo all’atto. Esattamente come occorre approfondire, della lingua, costrutti, regole e tecniche per poter usare del mezzo a proprio piacimento così, per far funzionare la comunicazione all’interno dell’azienda occorre studiare, testare e imparare. Di certo chi ha letto la Recherche, non direbbe mai che la scrittura di Proust sia un frutto naturale, senza studio, di numerosi e diversi stilemi comunicativi.

La comunicazione verso i dipendenti è uno strumento strategico per incentivare motivazione e engagement, tema che in uno spazio di lavoro fluido, dominato dallo smartwork è centrale se si vuole realmente lavorare per obiettivi.

Fare in modo che nessuno si perda, né dal punto di vista produttivo né umano, e crei valore per sé e per l’azienda è un obiettivo che non può essere lasciato al caso.
Creare uno spazio di ascolto del personale, facendosi carico dei feedback, comunicare e rispettare i valori dell’identità aziendale, far beneficiare internamente della creatività e positività rivolta all’esterno sono solo alcuni dei traguardi che un’azienda si trova davanti.

Spesso dedichiamo molta attenzione a ciò che l’azienda dice fuori, dice di sé all’esterno.
Le parole che usa, la promessa che contengono.

Le parole, in questo lavoro di empowerment sono il punto di partenza per una strategia che veda la crescita della fiducia da parte dei propri dipendenti. Ciò che l’azienda dice fuori come si incarna nei comportamenti che esprime? Come si trasmette fino al sistema di gestione, alla mission esposta in bacheca, all’ultimo messaggio mail tra dirigente e manager?

Niente genera più sfiducia nel vedere la pubblicità come parole al vento, e d’altro canto, nulla motiva di più di una coerenza percepita, fattuale, che si esprime in ogni scelta aziendale. Dal mobilio alle email.
Storytelling? Certo.
Le storie sono il motore più potente che ci sia, trascurarle sarebbe quantomeno ingenuo.

L’aiuto da casa

“Pragmatic of Human Communication” di Paul Watzlawick:  “Il comportamento non ha un suo opposto. In altre parole non esiste qualcosa che sia un noncomportamento. Tutto ciò che ci circonda trasferisce significato nella realtà condivisa. Ora, se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che, comunque ci si sforzi, non si può non-comunicare”.

E vale, naturalmente, anche per le aziende.

Non si tratta soltanto di fare azioni, attività, esercizi, ma di lavorare su tutto ciò che viene scritto, che vincola in modo necessario le attività.

Se appare chiaro che non si può lasciare alla buona volontà personale questo ambito ma occorre una linea strategica efficace, radicata nel clima e nella cultura della singola azienda, lo è ancor di più il fatto che vadano interpellati quindi professionisti che aiutino a esprimere il potenziale già presente. Teambuilder, coach e esperti di comunicazione per scrivere le storie delle vostre aziende.

Che sono già bellissime, perché non farle conoscere?

(Immagine adattata da …)