Dodici anni fa, scrivevo un articolo sull’argomento del titolo. Sottolineava l’importante relazione tra comunicazione e percezione da parte delle persone su un tema allora poco discusso, oggi decisamente mainstream. La difficoltà comunicativa non è molto dissimile: confusa da una pletora di voci diverse, modificata da un volume più ampio di informazioni ed opinioni espresse, il più delle volte prive di verifica.
Il Punt e Mes è un vermouth di casa Carpano, magistralmente rappresentato dalla matita di Armando Testa nel ’60. Il mezzo e Mes è il pretesto sintetico per parlare della mezza comunicazione che i mezzi di comunicazione hanno dedicato al Mes.
Mes è un acronimo per Meccanismo Europeo di Stabilità. È uno strumento complesso, costruito dalla Comunità Europea sotto la spinta del cancelliere Merkel e del ligio Sarkozy per l’aggravarsi del debito di alcuni stati membri, che rischiava e rischia di portarsi dietro anche nazioni comunitarie economicamente virtuose, come la Germania. L’intento è di sostenere le nazioni comunitarie in eventuale difficoltà economica che possono far richiesta di prestiti al MES.
Presentato come uno strumento essenziale per garantire la sopravvivenza dell’Unione, il Mes è stato ratificato dal Consiglio Europeo un anno fa, nel marzo 2011. È stato ribattezzato con numerosi appellativi, à-la-mode del giornalismo semplicistico, molti mutuati dai due fondi che l’hanno preceduto: salva-stati, fiscal compact, accordo per il pareggio, altri meno politicamente corretti.
Fin qui tutto chiaro, probabilmente noto. Non c’è che ordinarietà in questa presentazione dei fatti. Ma è la comunicazione del Mes, e non il meccanismo che ha portato alla creazione e alla ratifica del trattato, che ci interessa.
Conosciamo il Mes da TV e giornali. Poco, in verità. Pensato sin dal 2010, sviluppato nel corso del 2011, le riunioni del Consiglio Europeo in Italia avevano avuto risalto più per la minaccia o la vergogna della stupida goliardia di un ex-premier che per i contenuti o il merito dei contenuti delle riunioni e delle decisioni congiunte. Poi abbiamo dovuto recuperare credibilità, il governo Monti ha proseguito l’iter di ratifica con la firma per l’anticipazione dell’entrata in vigore del fondo al luglio prossimo e con la sostanziale attivazione della procedura di legge per aderire al costituendo organismo sovranazionale. Che sarà governato da un consiglio di governatori costituito dai ministri delle finanze di ogni stato membro.
Si ha l’impressione che l’informazione dedicata al Mes sui mezzi antichi sia deficitaria, superficiale e sfocata. Certamente non esaustiva, ma non è alta nemmeno l’attenzione dedicata al tema da parte delle persone, in Italia. Diverso, parecchio, in Francia ed in altre nazioni europee.
Sulla rete, la ricerca sui due principali quotidiani (rating audiweb) corriere.it e repubblica.it, restituisce un risultato contrito, con meno di dieci articoli che citano il meccanismo e nessuno che lo racconta o lo analizza in dettaglio, solo la notizia sfumata di nuove regole più rigide richieste ed imposte agli stati.
Ma c’è dell’altro. Accanto ai pochi siti istituzionali, che comunicano una rassicurante riforma non meglio precisata, c’è un numero molto significativo di blogger, podcatser, youtuber, testate di informazione online, siti di opinione, significativamente condivisi (e posizionati nei risultati di ricerca) sui network sociali, facebook in particolare, che fin dai titoli evidenziano un grave allarme nel raccontare cosa potrebbe essere il Mes. La verità, essi dicono.
Una giovane economista palermitana ha rivolto forse tra i primi l’attenzione al Mes per alcune sue particolarità – per così dire – nella definizione del trattato. Da lì, a cascata, numerosissimi interventi, in quantità molto superiore a quella offerta dai grandi media, spesso notizie lette e parafrasate da una fonte all’altra, senza la verifica necessaria. C’è, per questo, un (blando) dibattito in corso di fronte all’adozione di provvedimenti che coinvolgeranno pesantemente le generazioni presenti e future, nel medio periodo.
Per lo più ignorato dalle persone in Italia, distratte dalla crisi: occupate a fare i conti con la stretta delle tassazioni e con le personalistiche vicende quotidiane, all’insegna di un edonismo che non ha davvero più ragione di esistere.
Per avere un quadro più definito, abbiamo chiesto un commento alla dott.ssa Silvia Lanfrancotti, economista: – “A stretto rigore il decreto esprime un’idea di per sé del tutto sensata. L’Unione Europea attraversa una difficoltà finanziaria senza precedenti e si trova da tempo sotto attacchi speculativi di origini non chiare. In questo contesto appare ragionevole la costituzione di un organismo sovranazionale che possa intervenire a sostegno di quelle economie che più di altre rischiano di essere inghiottite dai propri debiti. Naturalmente la solidarietà non c’entra niente. Il fatto è che la sorte di ciascuno Stato europeo è legata a doppio filo a quella di tutti gli altri e questa è ormai una situazione incontrovertibile. Il male minore allora diventa destinare da subito delle fette di bilancio pubblico a questo scopo. Certamente gli importi impegnati in generale, e dall’Italia in particolare, fanno una certa impressione, ma il punto più delicato sembrano essere le particolari prerogative di cui si è voluto dotare questo organismo.”
Le prerogative cui si fa riferimento si riassumono nella completa immunità da ogni giurisdizione che il Mes potrà vantare (art. 32 e successivi del trattato). Può essere pericoloso, perché non è chiara la portata dell’immunità dalla giurisdizione. Non dovrebbe esistere un organo che non risponda ad alcuna regola.
I punti controversi sono numerosi, anche peculiari. Gli scribacchini e i sentenziatori si sono scatenati nel generare contenuti dai toni perfino tragici, scomodando ancora una volta i Maya, poveracci. Si è determinata una linea convergente all’allarmismo in chi scrive sensazionalmente sul web, ma senza rigore della ricerca che è fondamentale per costruire buona comunicazione. Cosa che accade sempre più spesso, con la logica dello strillone di giornale: alcune testate online credono che un titolo ampolloso e rutilante attragga più utenti, o che i contenuti veementi facciano proseliti.
Una tattica appresa dalla carta stampata: per il giornale si deve pagare un euro ogni volta che lo si compra, c’è bisogno di una leva emotiva all’acquisto. Il web non deve essere pagato ad ogni visita, e il guadagno lo si costruisce coltivando il lettore, facendolo tornare spesso, costruendo una relazione. Che è il motore della circolarità dell’informazione. La crescita della capacità critica dei cittadini non può essere legata ai mezzi di massa, finché la loro voce sarà filtrata dalla politica e soprattutto dalle lobbies.
Ma anche la voce del web, il citizen journalism, i social e gli influencers e tutte le forme ibride di trasmissione delle comunicazioni che stanno pian piano trovando consenso nel mondo hanno bisogno di tanto spirito critico.
Tornando al tema, si delinea chiaramente una completa débacle per la comunicazione del Meccanismo Europeo di Stabiità ai cittadini italiani. Mezzi di comunicazione tradizionale a mezzo servizio che accennano, non affondano, non reiterano la notizia nei particolari. Strumenti di informazione istituzionale – specie online – pensati da addetti stampa che si ritrovano in un quadro liquido e non sanno affrontare il cambiamento, senza alcuna attenzione strategica. E i mezzi sull’internet, i social, i giornali, hanno perso la loro opportunità con una controinformazione costruita con la regola della contrapposizione: i canali principali e tradizionali non comunicano, quelli del web 2.0 gridano al lupo. Spesso con scarso senso critico, spesso senza attenzione.
Disattenzione che può accadere anche all’estensore di Wikipedia, l’enciclopedia libera e collaborativa. Come recita il disclaimer “Wikipedia non dà garanzie sulla validità dei contenuti Il progetto è ospitato dalla Wikimedia Foundation, che non può essere ritenuta responsabile di eventuali errori contenuti in questo sito. Ogni contributore è responsabile dei propri inserimenti.”
Le persone in rete hanno la straordinaria opportunità di comprendere – e cambiare – il modo di avere informazione. Il mezzo, col Mes, finora ha fallito. Ma il mezzo è prima di tutto un vettore del messaggio col suo destinatario: oggi, sempre di più, sapere ciò che accade in Europa è sapere cosa accadrà a noi. Il futuro dell’Italia è anche deciso dalle elezioni di oggi in Francia.
Con l’internet ognuno di noi ha a disposizione un mezzo. Ci vuole attenzione, condivisione, confronto. Buonsenso. Capacità. Per costruire la chiarezza dell’informazione, e sapere a cosa andiamo incontro, noi europei.