“Solo per oggi”, “altre 5 persone stanno guardando questa camera”, “pochi pezzi disponibili”: ogni giorno, tra siti web e newsletter, siamo bombardati da questo tipo di messaggi. Non è un caso, ma l’applicazione di una tecnica di copywriting molto precisa, che risponde al nome di principio di scarsità. Talvolta è solo il testo della call to action, a cui neppure facciamo più caso. Altre volte, l’intera strategia di vendita è costruita sulla base della scarsità, in modo più raffinato e quasi impercettibile a un occhio poco attento.
Con ogni probabilità, questo principio esiste da prima che nascesse il termine stesso copywriting, e ne potremmo trovare traccia nei discorsi di mercanti e venditori nel corso dei secoli. Tuttavia, è solo nel 2001 che lo psicologo americano Robert Cialdini conia il termine “principio di scarsità”, scarcity in inglese, utilizzandolo nel suo libro “Le armi della persuasione” (1984), un testo molto amato e (ancor più) citato da chi si occupa di vendite.
Dice Cialdini che “Le opportunità ci sembrano più preziose quando la loro disponibilità è limitata”.[1]
Si tratta di un vero e proprio bias cognitivo [2] che ci porta a dare più valore a ciò che è limitato, sia che la scarsità si collochi lungo l’asse temporale (solo per poche ore) o che si tratti di una quantità limitata (pochi pezzi disponibili).
Lo stesso Cialdini, per spiegarlo, si ispira alla teoria della reattanza psicologica di Jack Brehm [3]. In poche parole, quando sentiamo minacciata la nostra libertà di scelta, perché un certo bene potrebbe non essere più disponibile, lo desideriamo maggiormente.
Quindi, questo genere di messaggio attiva nel nostro cervello un meccanismo di stress, tale per cui non ci troviamo nella condizione di valutare consapevolmente tutte le opzioni, con la dovuta calma, ma siamo portati ad agire in modo impulsivo, velocemente, prima che l’opportunità si dissolva nel nulla.
Il battito del cuore accelera, alla ragione subentrano le emozioni. L’obiettivo è conquistare il bene scarso, prima che lo faccia qualcun altro.
Funziona in amore, dove è noto che “vince chi fugge”, figurarsi se non funziona su Amazon.
Pensiamo alle vacanze: chi non ha mai sentito serpeggiare dentro di sé una sottile ansia, leggendo frasi quali “ultime due camere disponibili a queste condizioni” o “altre 5 persone stanno guardando questa camera”?
C’è un motivo – reale e ragionato, oserei dire scientifico – se il principio di scarsità è uno dei più utilizzati nel copywriting, specialmente quando si tratta di testi orientati alla vendita, più o meno diretta. Dunque, perché mai un esperto di marketing digitale o un copywriter non dovrebbe utilizzarlo?
Forse, la risposta sta proprio nel “perché lo usano tutti”, e dunque sta perdendo credibilità.
Oggi possiamo affermare di avere gli anticorpi valutare se si tratta di reale interesse o di copywriting persuasivo? Forse sì, perché il nostro cervello riconosce – a livello più o meno inconscio – che si trova di fronte a un tentativo di manipolazione a scopi commerciali.
Ma mentre la ragione attiva chiari segnali di difesa, che mettono in dubbio la veridicità di quanto scritto, il nostro lato più emozionale sta già cedendo al desiderio di accaparrarsi quell’offerta imperdibile, quell’ultimo pezzo disponibile di cui abbiamo un disperato bisogno, e che non sappiamo quando potrà tornare disponibile.
Nell’ottica di una comunicazione più gentile, di un copywriting che non sia mirato unicamente alla persuasione, ma anche alla creazione di un rapporto di fiducia con chi legge, dovremmo dunque decidere di gettare alle ortiche lo stratagemma – se così vogliamo definirlo – della scarcity?
No, ma possiamo usarlo in modo più intelligente.
Non limitarci a lasciare che le mani scorrano in automatico sulla tastiera, consegnando al web l’ennesimo “solo per poche ore”, ma ragionare in modo un po’ più strutturato, nell’ottica di una strategia e di un posizionamento condiviso tra agenzia e cliente.
Ad esempio, limitare l’accesso a un servizio per salvaguardarne il livello qualitativo (prendiamo X clienti al mese, per seguirli al meglio), limitare il numero di partecipanti a un evento o a un corso per poter garantire un approccio più personalizzato.
Nel caso dei prodotti, presentare limited edition, che non sono più solo appannaggio del settore fashion, oppure propendere per lavorazioni di tipo più artigianale, o ancora proporre i pre-order o gli acquisti early bird a un prezzo contenuto, anche per ragioni organizzative o ambientali (produrre solo il giusto quantitativo di pezzi, in base alle richieste dei clienti, per evitare sprechi e dunque produzione di invenduto che finisce al macero…).
Tutte queste sono sì, applicazioni del principio di scarcity, ma ad un livello più strutturale, che esula dal semplice esercizio di copywriting da manuale di vendite.
In conclusione, la scarcity non è un trucchetto da imbonitore, né il demonio. È un bias cognitivo, il cui funzionamento è dimostrato. Ma, se vogliamo costruire con il nostro target una comunicazione più trasparente, basata sulla fiducia e non sulla mera applicazione di tecniche di copywriting persuasivo, può rivelarsi più efficace calibrare con attenzione l’uso che facciamo di quest’arma potente, inserendola in una strategia più ampia.
1. Cialdini, Le armi della persuasione, 1984
2. (con Amos Tversky), Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk
3. Brehm, S. S., & Brehm, J. W. [pl] (1981). Psychological Reactance: A Theory of Freedom and Control. Academic Press