Appare chiaro, il journey ormai ha un ruolo chiave nelle scelte del marketing strategico delle organizzazioni. Ma sappiamo, concordiamo: quel journey, quell’esperienza, è fatto di big data e di non detto.

Le conversazioni sono le espressioni che l’infrastruttura dell’internet conduce in linea melodica, sovente tuttavia nascoste tra le pieghe dei luoghi del dire e condividere, inaccessibili alle insights. E in quelle pieghe, talvolta diventano dissonanti.

Le imprese fino a poco fa, o forse accade ancora, hanno creduto nell’ideale percepito del prodotto, cresciuto a suon di films e star strategy. Un ideale cristallino e ineluttabile, plasmabile – dimentichi della teoria. Dimentichi delle origini, dimentichi della tradizione, dimentichi dei basics.

Forse le esperienze recenti hanno accelerato un processo già in essere, installato su un circuito di offerte moltiplicate, di voci ormai inudibili, di evidenze inevidenti. Perchè accade che i prodotti e i loro marchi brillino meno, si confondano, si diluiscano. Accade che i piani per mettere i prodotti in luce non siano sufficientemente inclinati. Perchè il journey non è prevedibile, completamente. Ipotizziamo personas, non conosciamo tutti. Sappiamo che c’è un sentiment, non esattamente per quanti. Quel piano allora deve muoversi su e giù, non possiamo installarlo e basta.

La proposizione, la promozione, sono complessi. Piu complessi, per la quantità di offerta, per le difficoltà nella differenza, per il valore che non può più essere descritto in un tag.

La strategia è ancora la via. Questa è la Via.

Deve integrare nella sua analisi le variabili complesse delle conversazioni – come sono sempre state. Ripartendo dal prodotto, dalla segmentazione, dalla visione del valore non attribuito, ma fondante. Nella nazione in cui le marche sono cognomi, l’età ci ha forse reso presbiti. Limitata la visione del vicino. Del prodotto, della sua qualità intrinseca, del valore che le imprese dimostravano iniettando passione nella produzione e nella effettiva qualità, prima che nei follower. Che non si possono inseguire le views, quando c’è poco da vedere.

In questo contesto la scelta della consulenza non si esaurisce nel preventivo. La strategia realizza risultati se c’è condivisione tra i soggetti che contribuiscono al marketing e alla comunicazione del cliente. L’azienda può garantirsi risultati se sceglie rapporti di cooperazione partecipati.

Nella società liquida, funzionano relazioni chimiche.
Quelle solite, che hanno reso famoso il made in Italy.

 

 

(grazie, Gianluca Diegoli)