Qualche anno fa ho creato una startup che si chiamava Occam XXI. Oh, il nome me lo aveva suggerito il mio socio, Antonio Orazi, che ancora oggi mi insegna cose, anni dopo la sua prematura uscita da questa dimensione.

 

Il nome della startup non era scelto a caso: si riferiva al discretamente famoso rasoio di Occam, il cui principio si può enunciare come il metodo dello scegliere la prima soluzione utile, ragionevolmente esatta, tra più soluzioni egualmente valide di un problema. In qualche modo, questo principio di parsimonia – come alternativamente conosciuto – introduce un certo sistema nella ricerca di una soluzione, che invita a fermarsi, a tagliar via ulteriori ipotesi, se la soluzione che troviamo è la più semplice – come suggeriva Aristotele ben prima del filosofo e frate Wilhelm von Ockham, nato inglese nel 1285 e morto bavarese nel 1347, poco prima che la peste scuotesse violentemente l’Europa (e sì, Occam è la dizione inglese più nota, e il rasoio omonimo ha molti genitori).

 

Volevamo sviluppare app che permettessero all’utente di avere controllo e di effettuare ricerche tra le app. Erano anni di fermento, i primi dieci, e si pensava che ogni attività avrebbe avuto la propria app, come il proprio sito web. Ci sbagliavamo però, e non abbiamo più sviluppato. L’app per esplorarle tutte, come un browser, non ha più avuto necessità di esistere perché tutti noi usiamo con continuità solo un numero di app molto piccolo sui nostri smartphone, come oggi sappiamo tutti. Magari ne abbiamo installate cento, ma ne usiamo regolarmente una dozzina. Nel frattempo alcuni servizi che avevamo ipotizzato sono stati sviluppati dai megabrand che ci regolano la vita, Apple, Google, Meta, X e qualche altro. Abbiamo costruito qualche successo, come l’app Inforischio per la Protezione Civile, un collettore di informazioni in tempo reale con la possibilità di segnalare – altrettanto in tempo reale – emergenze meteo o di origine naturale, che ha vinto un premio SMAU. Superata dalle abitudini ai social media.

 

All’epoca per noi quello spirito era sublimato in quel rasoio: sviluppare soluzioni fatte per persone, soluzioni che richiedessero il minor numero di postulati possibile per essere efficaci per chiunque, con plauso aristotelico di rito.
Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem poi è stata fatta propria dai grandi player, in senso letterale. Così la direzione è cambiata e noi con essa – ma non quello spirito, che oggi riportiamo fresco nel nostro progetto più nuovo e prematuro: Scriptae.

Il rasoio che avevamo pensato per le app nel tempo ha cambiato i valori semantici del lemma soluzioni, dalle app all’AI. Ogni organizzazione può sviluppare il proprio LLM. Come potrà mai finire?
Una percezione di possibilità, ma un numero finito di soluzioni possibili? Probabile, se applichiamo il rasoio. Il metro di Wittgenstein vi permetterà di farvi un’idea, sul problema o su di me.

Lo sviluppo dell’AI certamente impatterà su tutti noi, in modo importante. Non porterà via posti di lavoro in termini quantitativi, piu probabilmente cambierà la qualità del lavoro e creerà nuove qualifiche. Però qui sarebbe il caso di cambiare rasoio, e mettere su quello di Alder. Un rasoio affilatissimo, tanto che è detto anche la spada laser fiammeggiante di Newton. Finché non si può comprendere con l’osservazione e la sperimentazione, tanto vale non parlarne affatto.

Ah, se lo ricordasse chi crede che la terra sia piatta, o che esistano i rettiliani.

 

Coloro che sostengono certe teorie bislacche non hanno argomentazioni semplici per spiegarle. Ahi ahi, come in certa politica, o nella pseudoscienza, i costrutti complessi che agitano quelle sinapsi asociali sono narrati con poca chiarezza. Un altro rasoio, quello di Feynman, ci viene in soccorso. If you can’t explain something simply, then you don’t really understand it: Richard P. è stato un brillante fisico teorico e premio Nobel ed era leggendaria la sua abilità nello spiegare teorie scientifiche complesse in modo semplice. Il suo rasoio non lascia scampo alla debolezza di affermazioni incerte, travestite di palesata certezza dalla boria, dall’albagìa e dall’inettitudine di chi alza la voce per affermare il pensiero (o scrive TUTTO ALTO coi maschili sovraestesi, che dà anche più fastidio. Con quel metro di Wittgenstein si misurano bene).

Non sappiamo dove andiamo quindi, come quasi per chiunque. In agenzia facciamo cose e cambiamo skills da ventiquattro anni, da quel MM a.d., riferimento necessario che altrimenti duemila è un numero senza senso. Lo facciamo rispettando i tempi di questo frenetico ventennio che ha visto più cambiamenti di ogni altro ventennio nella storia. E sappiamo che vogliamo farlo bene, quel che faremo, come abbiamo cercato di far bene quello che abbiamo fatto. Il risultato più grande per noi è sempre stato praticare la comunicazione con rispetto, apprendendo.

 

“Non avete avuto grandi committenze, non ci sono multinazionali nel vostro portfolio”. What do you care what other people think? ha scritto ancora Feynman. Invece, a tratti sembra importare. E allora, cambiamo ancora lama, e adottiamo un nuovo rasoio, quello di Grice. Sì, quel Paul Grice, filosofo del linguaggio. L’autore delle massime conversazionali, mutuate dalle quattro categorie filosofiche kantiane che anche noi abbiamo preso in prestito per descrivere come facciamo quel che facciamo. Questo rasoio taglia corto: dobbiamo affrontare, comprendere ciò che le persone intendono dire, invece che il significato letterale delle parole. E così, ciò che le persone intendono sentirsi dire.

Abbiamo praticato la comunicazione con rispetto. E abbiamo ottenuto risultati che hanno accresciuto la qualità delle committenze che ci hanno dato incarico. Questo è grande, secondo noi. Mi raccomando, usate il rasoio di Grice per la frase seguente. La grandezza dell’azienda e delle persone che ci offrono un incarico per la comunicazione non è per forza la dimensione del fatturato. Spesso, e per fortuna, è la grandezza della loro visione, la grandezza della qualità che cercano (e sono pur sempre un pubblicitario, l’anafora è sempre in agguato).

 

Oggi la mia e nostra sfida per la comunicazione affronta un nuovo rasoio che si profila come necessario nella dotazione di ogni essere umano che comunica. Qualcosa di più che un rasoio, qualcosa che taglia netto, la ghigliottina di David Hume: ciò che dovrebbe essere non può essere dedotto da ciò che è. E insomma, occorre evitare il salto logico tra proposizioni che indicano fatti e proposizioni che indicano valori. Tipo: quella è una persona con la sindrome di Down, allora dovrebbe fare quello che fa una persona con la sindrome di Down. Eh no.
Ce l’abbiamo davanti, ma c’è una certa resistenza al cambiamento, una certa omeostasi, ad esempio per l’attenzione all’inclusione. Questa è la sfida per una nuova comunicazione, che ponga attenzione alle diversità, a tutte le diversità. E via d’epifora.

 

I rasoi non finirebbero qui, ma per il nostro obiettivo, per oggi, sì.

Conoscerli, come ogni conoscenza, aiuta e ci fa riflettere sulla capacità di alcuni individui rispetto alla presunzione di altri.

Ogni riferimento sia inteso secondo il rasoio che preferite.

(Immagine creata da mmad con midjourney v. 6.0)